dolcificanti: Quali fanno bene, quali fanno male

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I numerosi studi che negli scorsi anni hanno giustamente demonizzato lo zucchero bianco, hanno tuttavia aperto il mercato a nuovi dolcificanti.

Zucchero di canna e/o integrale (a tutti i vari gradi di raffinazione), zucchero di cocco, sciroppo di agave (crudo o no), fruttosio, sciroppo d’acero, melassa, miele, malto, sciroppo di cereali (come il riso): la lista è lunghissima, e si allunga continuamente con nuovi prodotti.

Quali fanno bene, quali fanno male?
Per rispondere, osserviamo cosa hanno in comune tutti questi alimenti di provenienza e forma così diverse fra loro. Il dolcificante è composto quasi esclusivamente da zuccheri semplici, monosaccaridi o disaccaridi, di varia natura (dal fruttosio al saccarosio dello zucchero bianco; molti sono composti da una miscela di zuccheri diversi).

Un’elevata concentrazione di zuccheri è dannosa per il corpo a causa dell’alto indice glicemico e della scarsità di altri nutrienti. Un alto contenuto di zuccheri semplici senza fibra causa picchi glicemici che alla lunga possono creare problemi. L’assenza di acqua e micronutrienti causa infiammazioni, disidratazione e carenza di vitamine, enzimi, sali minerali ecc.

Si può dire che sia il dolcificante in sé a essere dannoso, proprio perché altera l’equilibrio di nutrienti che è proprio di un alimento intero!

Un frutto intero ad esempio contiene, oltre allo zucchero, acqua, fibre, amminoacidi, acidi grassi e micronutrienti di vario genere; l’equilibrio fra di essi lo rende un alimento perfetto e innocuo! Ma se ad esso aggiungo un dolcificante la quantità di zucchero diventa troppo elevata, e l’alimento perde il suo equilibrio.

Fra i dolcificanti, il peggiore di tutti è lo zucchero bianco, perché l’elevato numero di raffinazioni elimina quasi tutto dalla barbabietola, lasciando una polvere composta al 100% da saccarosio, e nient’altro.

Il fruttosio, nonostante venga sponsorizzato per l’indice glicemico leggermente più basso del saccarosio, è uno zucchero bianco non meno dannoso. Lo zucchero integrale di canna risulta essere “meno peggio” perché mantiene ancora una minima quantità di sali minerali.

E così via con melassa, malto, sciroppo di agave, zucchero di cocco ecc. Più riduco le raffinazioni e più il dolcificante mantiene le proprietà dell’alimento da cui proviene, ed è così meno dannoso.

Un discorso a parte va fatto per il miele che, nonostante sia un alimento non raffinato, ha una composizione del tutto simile agli altri dolcificanti, ed è adatto a nutrire una specie così diversa dall’essere umano (è, di fatto, il “latte” delle api).

Per dolcificare, ad esempio, una torta si può pensare di usare al posto di uno di questi dolcificanti, degli alimenti naturali estremamente dolci, come lo sono i datteri o i fichi essiccati, o una banana molto matura! Una pessima idea è invece usare un dolcificante di origine sintetica, come l’aspartame, o la saccarina. Alterando alcune importanti reazioni cellulari gli effetti collaterali di questi composti sono ben più gravi di quelli di qualsiasi altro dolcificante!

L’obiettivo insomma deve essere, non (solo) migliorare la qualità del dolcificante, che è dannoso in quanto tale, ma ridurne le quantità, in relazione agli altri ingredienti!

Infine, un aspetto importante del dolcificante è che si può considerare un condimento, un ingrediente cioè che non potrebbe essere consumato da solo e che altera il gusto della ricetta. Fra i condimenti, il dolcificante è così potente da permetterci di consumare alimenti che considereremmo altrimenti repellenti, come ad esempio, il caffè.

Ridurre (o eliminare) i dolcificanti non è un’ulteriore limitazione, ma anzi aiuta a recuperare un istinto alimentare che ci indirizza naturalmente verso i cibi più adatti a noi.

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